Povero Cristiano. Triste, solitario y banal: ma non per colpa sua. Certo, la vittoria vale, probabilissimamente, l’ottavo scudetto di fila. Ma che Juventus è stata? Aveva fatto di tutto, il Napoli, per spianarle la strada. Regalo di Malcuit, rosso a Meret per piede a martello fra le gambe del marziano. Era il 25’. Pjanic trasformava magistralmente la punizione, la prima del campionato. Il cul di Allegri spingeva una sventola di Zielinski sul palo ed Emre Can al raddoppio, di testa.
La Signora in carrozza, avremmo raccontato in altri tempi. Invece no. In avvio di ripresa, la sciocchezza di Pjanic (secondo giallo) riportava le squadre in parità numerica e da quel momento c’è stato solo Napoli, sempre Napoli, troppo Napoli. Paratona di Szczesny su Zielinski, palo di Insigne su rigore e un bombardamento da sbarco in Normandia.
E Allegri? Aveva rinunciato a Dybala, e si era aggrappato alle ante di Mandzukic, che nel cuor mi sta ma in forma non è. Contropiede? Ne ricordo uno, sciupato – tenetevi forte – da Cristiano. Tutti indietro, a catenaccio mostrare. Tutti, tranne uno: sapete chi. E i giocatori? tonnellate di errori nei passaggi.
In Italia, va così: con Madama, il destino è spesso cinico e «caro»; in Champions, non sempre. Anzi. Di sicuro, per ribaltare l’Atletico non basterà «questa» Juventus. Che ha giochicchiato anche quando aveva in pugno la notte; che ha saputo soffrire, avesse detto, prima e dopo il gol di Callejon. Ancelotti si è giocato Milik (togliendolo) e Mertens (inserendolo); e ha usato spesso Koulibaly come totem d’attacco. Scritto che il migliore della Juventus, legni a parte, è stato il portiere, penso di aver detto tutto.
I risultatisti brinderanno a champagne: 23 vittorie su 26. Chiedo scusa, ma non ci riesco.